Minneapolis, un niqab rosa tra le macerie e un ponte con la Palestina: intervista all’image activist Alvin C Jacobs Jr

31.05.2020
Foto di Alvin C. Jakob Jr
Foto di Alvin C. Jakob Jr

Un niqab rosa fa da cornice allo sguardo fiero di una donna che si erge circondata da un mucchio di macerie e residui di un incendio, la foto sembra essere stata scattata in Afghanistan, a Gaza in Palestina o in Yemen, ma in realtà si tratta di Minneapolis e l'immagine è stata catturata dal fotoattivista indipendente Alvin C. Jakob Jr che abbiamo intervistato per chiedergli del suo lavoro durante la rivolta divampata in seguito all'uccisione da parte della polizia di Geoge Floyd, il 25 maggio scorso nella città del Minnesota, Alvin ci ha raccontato della foto, delle proteste e della stretta connessione tra giovani americani e palestinesi. Lo scatto a Nazra (questo il nickname instagram della ragazza) è iconico e dipinge alla perfezione sia la radicalità della protesta che la sua composizione, che seppur tanto deve ai movimenti di liberazione ed emancipazione degli afroamericani dei decenni passati, presenta anche degli elementi di novità a partire dalla composizione giovanile musulmana che ha attraversato i riots. La foto è il paradigma morfologico dei rapporti asimmetrici che regolano i fenomeni dell'era contemporanea e nei riots di Minneapolis stanno ribollendo pulsioni ben più profonde di quelle che la stampa bianca americana già si affanna ad etichettare come "disordini razziali".

Il 25 maggio George Floyd muore per soffocamento mentre viene arrestato dalla polizia di Minneapolis, un agente lo tiene inchiodato all'asfalto, immobilizzato con la pancia a terra e con un ginocchio puntato al collo, la sua faccia è attaccata alla strada e il suo ultimo e disperato grido prima di morire, "i can't breathe" (non riesco a respirare!), si è trasformato nella parola d'ordine che ha incendiato la rivolta in numerose città americane, rivolte attraversate da un composizione tanto variegata quanto radicale. All'interno di questa composizione i musulmani stanno dando un importante contributo a partire dai giovani dell'MSA UMN (Muslim Students Association - University of Minnesota) che dai primi momenti delle proteste stanno partecipando alla campagna "get police off our campus" (teniamo fuori la polizia dal nostro campus), non solo, l'imam Asad Zaman a nome di tutti gli imam afferenti alla Muslim American Society e al Consiglio per la Fede del Minnesota, ha lanciato un messaggio in cui si legge che "Per porre fine al modello di violenza, e' necessario un programma di riforme tangibile. Dobbiamo porre fine alle uccisioni di uomini di colore da parte della polizia. Come la maggior parte delle persone di coscienza, ho guardato il video della morte di George Floyd con orrore" (fonte Daily Muslim), ma le radici degli avvenimenti di questi giorni hanno una storia molto lunga. 

Foto di E. Mackey
Foto di E. Mackey

Quella del Minnesota è infatti una comunità musulmana molto vecchia, i primi coloni arrivarono nell'800 dal Libano e dalla Siria, poi negli anni '60 del '900, sono arrivati musulmani dal sudest asiatico, infine negli anni '90 è stata la volta dei bosniaci, dei somali e degli etiopi, questi ultimi sono la comunità più grande, anche se dalla stampa locale, Minneapolis, è definita Little Mogadishu (Piccola Mogadiscio) perché ospita la più numerosa comunità somala al di fuori dell'Africa orientale. Questa grande comunità negli ultimi anni ha dovuto fare i conti con numerosi episodi di intolleranza e razzismo, furono proprio gli studenti dell'MSA che nel 2016, videro imbrattato un loro murales nel campus universitario dalla scritta "Isis", nello stesso anno uno studente saudita venne assassinato e non sono mancati decine di episodi di razzismo di vario genere. Nel 2018 invece, fu la volta dei dipendenti musulmani del centro di smistamento Amazon di Shakopee che dovettero animare una protesta affinché venisse riconosciuto loro il diritto di pregare durante il mese di Ramadan, diritto non rispettato da Amazon che imponeva ritmi di lavoro estenuanti con più di 240 pacchi da confezionare ogni ora per ogni dipendente.

Alvin C Jacobs durante i riots
Alvin C Jacobs durante i riots

Per saperne di più abbiamo contattato l'autore della foto Alvin Jakob, 45 anni, di Rockford, Illinois, che da giorni ormai sta raccontando la rivolta di Minnepolis attraverso i suoi reportage fotografici. Alvin da 11 anni è un "image activist" (come gli piace definirsi), un giornalista fotografico indipendente, innanzitutto come è adesso la situazione?

La situazione qui è instabile e l'approccio "legge e ordine" del nostro governo sta istigando in modo sproporzionato donne e uomini afroamericani, è così che ha avuto tutto inizio. Credo che la protesta si evolverà perché la consapevolezza (lui usa "education" nda) politica sta aumentando, la giusta rabbia sta alimentando le proteste in tutto il paese sviluppando strategie anziché paure

Come ti dicevo ti abbiamo contattato perché colpiti dalla foto della ragazza in niqab, anche lei con radici dell'Africa orientale, ci racconti di quando l'hai scattata?

C'erano delle costruzioni bruciate in uno dei parcheggi di Minneapolis che mi ricordavano alcune delle immagini che avevo visto a Gaza, due donne musulmane camminavano li vicino e ho chiesto il permesso di poterle fotografare in quel contesto. Piu' che un ritratto della bellezza della solidarietà, mi immaginavo come potesse sviluppare una consapevolezza collettiva (poco dopo aggiunge "Ho studiato l'Islam per anni anche se non ho fatto la shahada", la testimonianza di fede nda). L'ho rassicurata e convinta che la foto non sarebbe stata usata per ritrarre negativamente l'Islam mostrandogli altre foto che avevo scattato in precedenza durante la protesta, siamo in contatto da quando le ho scattato la foto.

Qualche anno fa, parlando con Lavonne Alford, meglio noto come M1 del duo rap politico Dead Prez, mi raccontava del legame storico tra Black Panther e FPLP (Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina), lui stesso aveva partecipato nel 2009 al convoglio Viva Palestina diretto a Gaza e nel 2010 aveva registrato un brano con la rapper palestinese Shadia Mansour. Mi dicevi che anche in questi giorni si è rinnovata questa connessione?

Il legame con il movimento palestinese in questo contesto arriva dai tempi della rivolta di Ferguson, Missouri, scoppiata in seguito all'uccisione di Mike Brown (9 agosto 2014 nda). In questi giorni ci hanno dato tanti consigli, ad esempio come gestire i gas dei lacrimogeni e come agire all'interno di uno stato di polizia simile a quello in cui sono abituati a vivere loro.

Alvin cosa pensi dobbiamo imparare tutti da quello che sta accadendo in questi giorni negli States?

Sento che il mondo deve vedere che non siamo solo noi a combattere il razzismo sistemico, la violenza della polizia e l'oppressione del sistema. Il messaggio che voglio inviare è che insieme siamo più forti, che esistono una battaglia e una responsabilità collettiva nella lotta contro l'oppressione sistemica.

Lo ringraziamo e lasciamo Alvin al suo lavoro, mentre parliamo la rivolta infuria ancora in tutti gli Stati Uniti, il suo obiettivo ha ancora tanto da raccontare.

Massimiliano Palmesano


Alvin C Jacobs Jr

www.alvincjacobsjr.com

instagram @acjphoto

E. Mackeys

www.emackeycreates.com

instagram @emackeyscreates

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